L’Indice di Sviluppo Umano
L’ISU, o Indice di Sviluppo Umano, è stato sviluppato nel 1990 dal Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP – United Nations Development Program), sotto la guida di Amartya Sen1. È conosciuto anche come HDI – o Human Development Index. Ad oggi, è uno degli indicatori sintetici di sviluppo più famosi, tra quelli usati in alternativa al PIL.
Si basa sul concetto che nel progresso della società umana non vi possa essere solo la dimensione economica, e che quindi, per misurare lo sviluppo, si debbano prendere in considerazioni più dimensioni2.
Alla base della costruzione dell’ISU abbiamo infatti il capability approach di Sen3, secondo cui la crescita economica è solo un mezzo per il raggiungimento del benessere e la libertà dell’uomo. Serve sì per la concretizzazione della libertà di scelta e di comando sui beni, e dunque per il controllo della propria vita, ma è solo uno degli elementi in gioco.
Il bisogno umano non è solo di reddito reale, ma anche di salute, educazione, inclusione sociale, emancipazione e responsabilizzazione.
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Le dimensioni dell’ISU
Per questo motivo l’ISU prende in esame tre dimensioni di una potenziale ricchezza della vita, associando a ciascuna un indice4. Queste sono:
- Una vita in salute;
- Il livello di istruzione;
- La ricchezza materiale.
Gli indici che corrispondono a queste tre dimensioni sono, rispettivamente:
L’indice della speranza di vita
L’indice dell’educazione, rappresentativo del tasso di alfabetizzazione
Questo è dato dal numero medio di anni di istruzione e dagli anni di istruzione medi che il paese preso in considerazione si aspetta di raggiungere in un certo periodo.
Il PIL
Questi tre indici vengono omogeneizzati secondo diverse scale di standardizzazione, e vengono poi combinati attraverso una media geometrica che da come risultante il valore dell’ISU5.
Le critiche all’ISU
L’ISU, così come appena descritto, è stato criticato da molti, soprattutto perché è in parte rappresentativo della visione occidentale del modello di sviluppo sociale ed economico. Come tale, non prende in considerazioni modelli alternativi di sviluppo6.
Inoltre, nell’ottica dello sviluppo sostenibile, l’ISU non può essere considerato un indice completo. Infatti, esclude le questioni ambientali, gli sviluppi tecnologi – anche se questi sono parzialmente ricollegabili al livello di scolarizzazione del paese –, e il ruolo dello sviluppo civile.
Per quanto riguarda la questione ambientale, bisogna però notare che, quando si guarda l’ISU insieme all’Impronta Ecologica, questi vanno generalmente di pari passo. Nel senso che, confrontando i vari paesi, a Indici di Sviluppo Umano maggiori, e quindi a Paesi più sviluppati, corrispondono Impronte Ecologiche più basse, e quindi un minor utilizzo delle risorse e un minor impatto ambientale7.
Questo potrebbe essere rappresentativo di un effettivo minor uso delle risorse dovuto a una maggiore efficienza dei sistemi produttivi, legata anche alle innovazioni e alla tecnologia presenti nei Paesi più ricchi. Tuttavia, questa correlazione potrebbe anche essere semplicemente legata al fatto che molti prodotti ad alto impatto ambientale vengono importati dai Paesi occidentali come prodotti finiti8. Pertanto, l’impronta ecologica corrispondente alla loro produzione ricade nel calcolo dei Paesi produttori, che sono tipicamente Paesi con un ISU più basso.
Evoluzioni dell’ISU
Nel tempo l’ISU ha ampliato i propri confini a diversi fenomeni sociali fino ad inglobare anche aspetti legati alla sostenibilità ambientale. Quest’ultima, infatti, non è più vista come un obiettivo potenzialmente conflittuale con quello dello sviluppo. Anzi, ad oggi la sostenibilità ambientale è considerata come un tassello imprescindibile di un processo di miglioramento delle condizioni di vita e un aspetto rilevante dei processi di crescita.
Un’altra evoluzione di questo indice cerca, invece, di correggerlo per la disuguaglianza. Tiene conto delle disparità di reddito, salute e istruzione interne ai singoli Paesi.
Fonti:
1) Stanton E.A., The Human Development Index: A History, 2007.
2) UNDP, Rapporto sullo Sviluppo Umano, 2010.
Stanton E.A., The Human Development Index: A History, 2007.
3) Sen A., Development as Freedom, 1999.
4) Stanton E.A., The Human Development Index: A History, 2007.
5) Ibidem.
6) Wolff H., Chong H., Auffhammer M., Classification, Detection and Consequences of Data Error: Evidence from the Human Development Index, 2011.
7) Ewing B., Moore D., Goldfinger S., Oursler A., Reed A., Wackernagel M., The Ecological Footprint Atlas 2010, 2010.
8) UNDP, Human Development Report, 2013. The Rise of the South: Human Progress in a Diverse World, 2013.
MSc in International Security Studies
Scuola Superiore di Studi Universitari Sant’Anna e Università di Trento
Specializzata in cambiamenti climatici, sviluppo sostenibile e cooperazione allo sviluppo.