Economia
Il concetto di Sviluppo: oltre la crescita economica

Il concetto di Sviluppo: oltre la crescita economica

Il concetto di sviluppo è molto sfaccettato e va oltre i soli aspetti economici di crescita e di distribuzione del reddito. Deve infatti prendere in considerazione anche la salute, l’aspettativa di vita, l’educazione, i diritti, le libertà politiche, lo sviluppo culturale e quello intellettuale1.

Concentrarsi esclusivamente sugli aspetti economici, sulla crescita del reddito e del PIL, rende sicuramente l’analisi dello sviluppo e la comparazione tra stati più facile. Tuttavia, quella risultante non può certo essere definita un’analisi completa.

È estremamente limitante vedere l’industrializzazione come sinonimo di sviluppo, come nel modello economico di Lewis. Lo è altrettanto raffigurare la crescita del PIL come legata solo al tasso di risparmio e alla relazione tra capitale e produzione, come nel modello economico di Harrod-Domar. Allo stesso modo, è limitante una visione dello sviluppo come una serie di stadi attraverso cui ciascun paese deve passare, come indicato da Rostow nel suo modello. Adottare questi modelli come punto di riferimento, può andar bene, al più, se vi vuole guardare alla sola crescita economica ma non se si intende lo sviluppo nella sua più ampia accezione2. Si tratta di modelli ancor meno adeguati se si parla di sviluppo sostenibile.

Secondo la definizione data dal rapporto delle Nazioni Unite, Human Development Report3lo sviluppo umano è il processo attraverso il quale si aumentano le possibilità di scelta. Il reddito è visto solo come un mezzo, e non il fine, dello sviluppo umano.

sviluppo indicatori capability approach - PIL e misure del reddito

Il Capability Approach

Secondo il capability approach, o approccio per capacità, elaborato originariamente da Amartya Sen, in tutte le società, lo sviluppo può essere inteso come il processo volto a migliorare la qualità della vita e ad aumentare le capacità e le possibilità delle persone.

Secondo l’approccio per capacità, si va ad agire su almeno tre obiettivi4:

1) Il sostentamento

Con sostentamento si intende la capacità di fronteggiare e garantire i diritti fondamentali delle persone, tra cui i diritti collegati alla nutrizione, al riparo, alla salute e alla sicurezza.

2) L’autostima

Con il secondo obiettivo, quello dell’autostima, si intende raggruppare dei concetti come quelli di identità, dignità, rispetto di sé, amor proprio e senso dell’onore, che tutte le persone, in tutte le società, ricercano.

Per aumentare l’autostima, secondo l’approccio di Sen, è necessario concentrarsi sui singoli individui e andare ad agire su quelli che sono gli standard di vita delle persone, aumentandoli per tutti. Si deve migliorare il sistema educativo, prestare più attenzione ai valori culturali e ai valori umani in generale, rispondere al diritto al lavoro inteso come disponibilità di lavoro e reddito dignitoso.

Così facendo, si può aumentare l’autostima individuale e nazionale, e allo stesso tempo contribuire ad apportare miglioramenti al livello di benessere materiale e non.

3) La liberazione dall’asservimento.

Con l’ultimo concetto, quello di libertà dalla schiavitù, Sen intende la libertà di essere liberi di operare delle scelte, essendo al contempo liberi dall’ignoranza, dalla miseria e da pressioni derivanti dalle relazioni in cui siamo coinvolti.

L’obiettivo deve essere quello di allargare il range di possibili scelte disponibili, sia per gli individui che per le nazioni, in ambito non solo economico o politico, ma anche sociale.

L’economia del benessere e l’economia della felicità

L’attuale crescita economica sembra essere in contrasto con la visione di Sen5, tanto da essere associata a effetti indesiderati sul benessere. Questo porta alcuni a parlare addirittura di crisi del benessere e, di conseguenza, di crisi sociale6.

Le misure del benessere

Ci sono varie misure del benessere, quelle oggettive guardano, tra le altre cose, alla diffusione delle malattie mentali, dei suicidi, dell’alcolismo, dell’abuso di droghe e di psicofarmaci.

Le misure soggettive del benessere, invece, cercano di indagare il reale livello di soddisfazione e felicità degli individui. Questo viene fatto attraverso appositi questionari, oppure investigando con amici e familiari, o cercando di considerare fattori oggettivi. Questi ultimi possono essere i sorrisi autentici, la pressione sanguigna, la diffusione delle malattie psicosomatiche, le attività celebrali – di questo si occupa una branca dell’economia legata alle neuroscienze.

Un’analisi e ricerca, condotta in più paesi, dei diversi livelli di benessere, risulterebbe particolarmente difficoltosa. Questo perché diverse culture caratterizzano le azioni dei popoli, e sarebbe quindi difficile trovare degli elementi comuni di analisi7.

La relazione reddito-felicità

sviluppo indicatori capability approach - la relazione tra reddito e felicità

All’interno dell’economia della felicità, il paradosso di Easterlin8 afferma che un maggior reddito porta mediamente a un maggior livello di felicità. Ciò avviene anche se la funzione della felicità sembrerebbe essere a marginalità decrescente, dunque con la pendenza della curva in diminuzione all’aumentare del reddito, se pur sempre positiva.

Inoltre, sembrerebbe che, all’aumentare del reddito, la percentuale di quelli che si dichiarano felici rimanga costante. Questo perché va tenuta presente la disuguaglianza esistente all’interno della società e l’idea dei beni posizionali. Quest’ultimi sono quei beni per i quali conta la posizione relativa rispetto agli altri, ma in merito a cui, se cambia il punto di riferimento e paragone, il livello di felicità potrebbe non aumentare, o addirittura diminuire, con l’aumentare del reddito9.

Variazioni della felicità

La variazione della felicità non è in relazione con la variazione del PIL, o comunque si tratta di una relazione negativa. Per la felicità, infatti, contano molto i valori relazionali, le interazioni sociali e il livello di soddisfazione della propria vita10.

Oggi, molto spesso, all’aumentare del reddito i beni relazioni diminuiscono in quantità e qualità. Ciò avviene anche perché un maggiore reddito è spesso il risultato di un maggior numero di ore di lavoro, il che comporta una diminuzione del tempo libero.

Si soffre maggiormente di solitudine, si percepisce un maggior senso di isolamento, instabilità familiare, incomprensione generazionale, si hanno meno contatti sociali, meno onestà, solidarietà, coesione e coinvolgimento sociale, e quindi diminuisce anche il livello di felicità11.

Il contrasto alla diminuzione di felicità

Per contrastare questa diminuzione di felicità, secondo Beddoe et al.12, servirebbe un aumento del reddito di almeno il 10%.

Tuttavia, è da sottolineare che per molti gli obiettivi sono cambiati e il diventare ricchi può essere visto come motivo di felicità. Inoltre, esiste una relazione che identifica la povertà delle relazioni sociali come motore della crescita economica. Ciò deriva dal fatto che si cerca di compensare il deterioramento dei rapporti sociali con l’acquisto di specifici beni. Per finanziare l’acquisto di questi, si è però costretti ad aumentare le ore di lavoro, andando ad incrementare anche il PIL e portando alla crescita economica, Quest’ultima però, se così formata, porterà nuovamente a un deterioramento dei rapporti sociali, in un circolo vizioso13.

sviluppo indicatori capability approach - lavoro e stress

Ciò va a conferma del fatto che il PIL non può essere preso come strumento di misura di uno sviluppo sostenibile.

L’attuale regime socio-ecologico

La creazione di un futuro sostenibile e desiderabile richiederà un sistema integrato e ridisegnato dell’attuale regime socio-ecologico14. Alla base di tale sistema non dovrà più esserci l’obiettivo di una illimitata crescita materiale, ma dovrà essere necessariamente ed esplicitamente l’obiettivo di una qualità di vita sostenibile, felice e in armonia con il mondo ecologico15.

Difendere e reinventare i beni comuni potrebbe essere una strategia per sostenere i beni relazionali e il benessere, verso uno sviluppo più sostenibile.

Nell’ottica dello sviluppo sostenibile ma anche del progresso in generale, lo sviluppo può essere visto come il continuo avanzamento e il miglioramento di tutti gli aspetti delle esperienze individuali e sociali, come un miglioramento del benessere.

Il PIL non è una misura dello sviluppo: servono delle alternative

Come già affermato, la sola crescita economica non può certo catturare tutte le dimensioni del progresso, quindi non si può guardare al PIL come misura dello sviluppo. Anche perché, oltre ai motivi già enunciati, aumenti del PIL potrebbero risultare anche da una crescita di spese effettuate per via di un peggioramento della situazione, come le spese familiari per le cure mediche, le spese per la sicurezza o per la riduzione dell’inquinamento16.

Egualmente problematico, e intrinseco nella struttura stessa del PIL, rimane il fatto che questo non include molti fattori, solo perché questi non sono facilmente quantificabili in termini economici o comunque sono al di fuori del mercato. Un esempio di questi fattori sono il volontariato, il tempo libero, le attività illegali e i danni ambientali.

Inoltre, bisogna anche tener presente che il PIL non esprime come il prodotto è diviso tra gli individui di una società17. Nemmeno il PIL-pro-capite fornisce questo tipo di misura, perché si tratta semplicemente di una misura ottenuta dividendo il PIL per la popolazione, in parti uguali non effettivamente rappresentative.

Gli indicatori alternativi

Accertato che il PIL non è una buona misura dello sviluppo, né tanto meno di uno sviluppo sostenibile, si devono ricercare altri indicatori.

Negli ultimi anni sono stati sviluppati numerosi indicatori che cercano di migliorare la stima del benessere di una società. Il più famoso tra questi è probabilmente l’HDI – Human Development Index o, in italiano, l’ISU – Indice di Sviluppo Umano.

Esistono anche indici che misurano soltanto l’impatto delle attività produttive sull’ecosistema, tra cui l’Impronta Ecologica, che trasforma l’uso di risorse in ettari, il PIL Verde e il Green Index.

Altri indicatori ancora, mirano a prendere in considerazione sia i fattori socio-economici che quelli ambientali, come l’ISEW – Index of Sustainable Economic Welfare, in italiano Indice di Benessere Economico Sostenibile, e la sua evoluzione, il GPI – Genuine Progress Indicator, letteralmente traducibile come Indicatore del Progresso Autentico.

Fonti:
1) Todaro M.P., Smith S.C., Economic Development, 2015.
2) Lin J.Y., Rosenblatt D., Shifting Patterns of Economic Growth and Rethinking Development, 2012.
3) UNDP, Human Development Report, 1990.
4) Sen A., Development as Freedom, 1999.
5) Ibidem.
6) Beddoe R., Costanza R., Farley J., Garza E., Kent J., Kubiszewskia I., Martinez L., McCowen T., Murphy K., Myers N., Ogden Z., Stapleton K., Woodward J., Overcoming systemic roadblocks to sustainability: The evolutionary redesign of worldviews, institutions, and technologies, 2008.
Page S.E., Are we collapsing? A review of Jared Diamond’s Collapse: how societies choose to fail or succeed, 2005.
7) Beddoe R., Costanza R., Farley J., Garza E., Kent J., Kubiszewskia I., Martinez L., McCowen T., Murphy K., Myers N., Ogden Z., Stapleton K., Woodward J., Overcoming systemic roadblocks to sustainability: The evolutionary redesign of worldviews, institutions, and technologies, 2008.
8) Easterlin R.A., Does Economic Growth Improve the Human Lot?, 1974.
9) Ibidem.
10) come ref. 6
11) Beddoe R., Costanza R., Farley J., Garza E., Kent J., Kubiszewskia I., Martinez L., McCowen T., Murphy K., Myers N., Ogden Z., Stapleton K., Woodward J., Overcoming systemic roadblocks to sustainability: The evolutionary redesign of worldviews, institutions, and technologies, 2008.
12) Ibidem.
13) Ibidem.
14) Washington H., Demystifying Sustainability: Towards Real Solutions, 2015.
15) Beddoe R., Costanza R., Farley J., Garza E., Kent J., Kubiszewskia I., Martinez L., McCowen T., Murphy K., Myers N., Ogden Z., Stapleton K., Woodward J., Overcoming systemic roadblocks to sustainability: The evolutionary redesign of worldviews, institutions, and technologies, 2008.
16) Washington H., Demystifying Sustainability: Towards Real Solutions, 2015.
17) Victor P.A., Managing without growth: slower by design, not disaster, 2008.

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